La Visita alle Sette Chiese

 
  La nobile e veneranda tradizione del pellegrinaggio a Roma ispirò, nella seconda meta’ del Cinquecento, la celebre visita delle Sette Chiese di San Filippo Neri il quale, prima in perfetta solitudine, poi, a partire dal 1552, organizzo’ ufficialmente una gita ai piu’ importanti luoghi di culto dell’Urbe.
  Solo nel 1559 divenne una pratica stabile: lungo ben sedici miglia e diviso in due giornate, il percorso si articolava in modo da comprendere San Pietro, San Paolo, San Sebastiano, San Giovanni, Santa Croce in Gerusalemme, San Lorenzo e Santa Maria Maggiore. Quando i lavori di restauro rendevano inagibile una delle tappe consuete, si sostituiva con una fermata alternativa, quasi sempre rappresentata da Santa Maria in Trastevere.
  Ancora oggi non puo’ sfuggire il segreto del successo dell’iniziativa di San Filippo: questi, uno dei piu’ convinti sostenitori dell’unione tra sacro e dilettevole, riusci’ ad associare il culto dei santi martiri con il fascino delle bellezze artistiche e archeologiche che si potevano ammirare durante il tragitto. Il lungo cammino era inoltre continuamente rallegrato da melodie e preghiere, che spezzavano in un festoso clima di giubilo le lunghe pause di contemplazione e di silenzio. Il monito del Canto delle Vanita’
 
  Vanita’ di Vanita’
 
Ogni cosa e’ Vanita’;
 
Tutto il Mondo e’ cio’ che ha
 
Ogni cosa e’ Vanita’
 
  finiva per intrecciarsi con il dolce ricordo di una scampagnata fra le piu’ suggestive memorie della citta’, culminante nella rarefazione a Villa Mattei.
 
  La visita, concepita come alternativa alle seduzioni del chiassoso e ridanciano carnevale romanesco, aveva inizio il mercoledi’ grasso: i partecipanti venivano allora divisi in centurie, precedute da una croce portata dai Padri Cappuccini. Dopo i frati, venivano i giovani e, di seguito, i componenti del clero, i fratelli dell’Oratorio, gli uomini e, in ultimo, le donne. Verso sera questa composita processione si riuniva di fronte alle sede dei Filippini, prima San Girolamo della Carita’ e poi Santa Maria della Vallicella, da dove si muoveva verso San Pietro, varcando il Tevere su ponte Sant’Angelo e attraversando il Borgo. Subito dopo la Basilica Vaticana, seguiva una breve sosta nell’Ospedale quattrocentesco di S. Spirito in Sassia, dove, in ossequio alle virtu’ caritatevoli praticate dalla Congregazione dell’Oratorio, si faceva visita ai malati.
  Terminata la prima tappa, il grande corteo si scioglieva, dandosi appuntamento il giorno seguente: il giovedi’, di buon mattino, varcate le Mura Leonine da Porta S. Spirito, si imboccava via della Lungara e, attraverso, gli Orti di Trastevere e Porta Settimiana, si giungeva all’Isola Tiberina. Qui, dopo aver ammirato la chiesetta di San Bartolomeo, si passava il fiume, entrando nell’area del Velabro e del Circo Massimo. Questa zona offre tuttora splendide testimonianze classiche, come il Teatro di Marcello, l’Arco di Giano, il Tempio di Portunus e quello di Ercole Vincitore o Olivarius, insieme ad alcuni fondamentali edifici cristiani, come San Nicola in Carcere, San Giorgio e Santa Maria in Cosmedin.
  Di qui, si affrontava la salita dell’Aventino e, dopo aver posato un fugace sguardo alla Piramide di Caio Cestio, si imboccava la via Ostiense, arrivando in pochi minuti a San Paolo fuori le Mura. Lasciata la grande basilica, si iniziava un lungo tragitto extraurbano: il percorso seguito dai fedeli, ancor oggi chiamato via delle Sette Chiese, appariva molto diverso dall’attuale, ormai completamente svilito da costruzioni moderne. Fino al secolo scorso, infatti, ci si poteva inoltrare in un meraviglioso paesaggio agreste, coronato dalle Mura Aureliane, qui ancora integre, a dalle suggestive rovine degli acquedotti imperiali. I pellegrini giungevano cosi’ alla chiesa di San Sebastiano, al quale San Filippo Neri era molto devoto, perche’ nelle vicine catacombe da giovane aveva ricevuto la visione di un globo di fuoco.
  Si avvicinava, ormai, l’ora di pranzo: possiamo ancora immaginare i pellegrini volgere il passo un po’ piu’ rapido verso la citta’. Il luogo abituale della refezione divenne ben presto la Villa di Ciriaco Mattei, oggi conosciuta come Villa Celimontana. Come conveniva ad una visita di raccoglimento e di preghiera, il pasto era piuttosto scarno: tuttavia, trattandosi di alcune migliaia di ospiti, per i frati dell’Oratorio questa parte della visita costituiva, comunque, un impegno molto gravoso. All’ombra dei pini e dei cipressi secolari, la sosta era rallegrata da una piccola orchestra, mentre qualcuno non si lasciava sfuggire l’occasione di andare a visitare le stupende chiese di Santo Stefano Rotondo, Santa Maria in Dominica e SS. Giovanni e Paolo.
  Dopo questo riposo, si riprendeva la via e, passati davanti a San Sisto Vecchio e ai SS. Nereo e Achilleo, si arrivava a San Giovanni in Laterano, cui seguiva una breve ma necessaria visita alla Scala Santa. Da qui, bastava solo un piccolo sforzo per essere in vista di Santa Croce in Gerusalemme, la quinta tappa dell’itinerario, dove si pregava al cospetto di una delle piu’ venerate reliquie dell’Urbe, il Sacro Legno.
  Lasciata la basilica Sessoriana, il lungo corteo usciva fuori delle mura da Porta Maggiore, dirigendosi verso San Lorenzo, sulla via Tiburtina: giunti ormai al calar della sera, gli esausti pellegrini rientravano nel centro abitato dove, superata Santa Prassede, visitavano l’ultima tappa, Santa Maria Maggiore.

San Pietro in Vaticano
Santa Croce in Gerusalemme
Santa Maria Maggiore
San Lorenzo fuori le mura
     
San Sebastiano fuori le mura
San Paolo fuori le mura
San Giovanni in Laterano

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