Dalla Domus Ecclesiae alla basilica paleocristiana


  Dalle origini della diffusione del Cristianesimo fino al IV secolo d.C., il messaggio evangelico si diffondeva nei territori dell’Impero in piena clandestinita’. La minaccia delle persecuzioni, come quella, terribile, di Diocleziano, obbligo’ i primi cristiani a riunirsi nelle domus ecclesiae: confuse nel tessuto urbano e quasi sempre di modeste dimensioni, apparivano simili, da fuori, a normali case private, mentre all’interno erano costituite da una aula destinata alle assemblee e alla celebrazione del rito.
  Le catacombe cristiane, un’intricata tessitura di cunicoli sotterranei che si estende al di sotto della citta’ di Roma, non erano i nascondigli o i luoghi segreti nei quali le prime comunita’ cristiane si riunivano per sfuggire alle cruente persecuzioni imperiali: la loro destinazione era funeraria, la loro funzione si esauriva, quindi, come cimiteri coperti kata’ ku’mbas (dal greco, sotto terra), soluzione piu’ economica rispetto a cimiteri all’aperto.
  La situazione cambio’ radicalmente al tempo di Costantino: l’editto di Milano del 313 sanci la piena liberta’ di culto entro i confini dell’Impero e la nascita della prima architettura cristiana di scala monumentale. Vinto Massenzio nella battaglia del Ponte Milvio nel 312, che secondo la leggenda avrebbe costituito l’occasione dell’apparizione in pieno giorno e poi in sogno del segno del Chrismos, ossia il simbolo della croce come signum salutis, segno di salvezza, elemento pregnante dell’architettura di committenza costantiniana, il nuovo Imperatore intraprese un vasto programma edilizio a Roma, a Milano, a Gerusalemme, a Betlemme e, infine, a Bisanzio, la citta’ da lui stesso fondata nel 324 e destinata a diventare la seconda capitale dell’Impero. In particolare, a Roma Costantino fece erigere le piu’ importanti basiliche cristiane, quali San Giovanni in Laterano, San Pietro in Vaticano, Santa Croce in Gerusalemme e, fuori dalle Mura Aureliane, i cimiteri coperti dedicati a San Lorenzo, San Sebastiano, Santi Marcellino e Pietro e, infine, Sant’Agnese.
  Il tipo edilizio che sembro’ meglio adeguarsi alle nuove esigenze liturgiche del Cristianesimo fu la basilica, ossia l’antica aula polifunzionale destinata all’amministrazione della giustizia o all’esercizio degli affari; caratterizzata da un impianto rettangolare con tetto in legno, nel corso dei secoli si era evoluta in tipologie diverse: ne restano ancora importanti esempi, come le due grandi basiliche del Foro Romano.
  La basilica non fu mai usata nell’edilizia religiosa pagana: fu questo uno dei motivi fondamentali che ne decisero la scelta. Nel suo assetto tradizionale, la basilica paleocristiana presenta una pianta longitudinale divisa in tre o, talvolta, in cinque navate: la centrale, ampia ed alta, e’separata dalle altre per mezzo di archi o trabeazioni sostenuti da colonne di spoglio o da pilastri in laterizio. La copertura e’ a tetto, dal momento che le pareti sono in grado di resistere solo a spinte verticali. La navata doveva essere di forma oblunga, con l’estremita’ rivolta ad oriente, dove si apriva il catino absidale: l’intera zona, rialzata di tre gradini, accoglieva l’altare e la cattedra del vescovo, intorno alla quale trovavano posto gli scranni riservati ai presbiteri. Ai lati del coro, vi erano due amboni, da cui i lettori declamavano i passi delle Sacre Scritture verso l’aula. I diaconi, in piedi, vigilavano che ciascuno occupasse il proprio posto in silenzio.
  I laici erano sempre divisi a seconda del sesso o dell’eta’: in genere, alle donne erano riservate le navate laterali o, qualora la chiesa ne fosse stata dotata, le gallerie dette matronei, collocate al piano superiore delle navate laterali e comunicanti con la navata centrale attraverso una serie di aperture costituite da balconate ad archi e pilastri; gli uomini, invece, assistevano al rito dalla navata centrale.
  Ma la differenza sostanziale rispetto alla basilica classica era la differente prospettiva secondo cui era organizzato lo spazio interno basilicale: posto l’ingresso alla meta’ del lato breve (dove, in origine, era posta una concavita’ absidale corrispondente e simmetrica a quella del lato breve opposto, mentre l’ingresso si apriva sul lato lungo), lo sguardo del fedele che entrava nell’edificio era immediatamente proiettato verso il punto focale costituito dall’abside, accompagnato in questo percorso longitudinale verso l’altare dalla teoria dei colonnati trabeati che tagliano l’aula nelle lunghe navate. Una simile conformazione determina un forte slancio verso l’abside che, coperta in origine di una foglia di sfavillante oro o da mosaici, diventa il fulcro simbolico dell’intera costruzione.
  Nelle fondazioni di Costantino vi era un forte contrasto tra il semplice e rigoroso partito esterno in mattoni e lo splendore dei marmi, dei mosaici e degli arredi interni: segno dei tempi, che imponevano prudenza nella professione pubblica di fede cristiana, perfino da parte dello stesso Imperatore il quale, per riguardo nei confronti dell’aristocrazia romana fedele al culto pagano, edificava le basiliche su terreni di sua proprieta’, in zone periferiche rispetto al tessuto urbano di Roma, e, soprattutto, si preoccupava di far apparire il meno possibile queste costruzioni all’esterno.

Il vescovo non ha voluto che i fedeli imbrattino il santuario entrandovi con i piedi sporchi e coperti di fango; per tal motivo ha lasciato fra il tempio e il suo ingresso uno spazio ampio, circondato da quattro portici colonnati. Nel mezzo di quest’atrio ha posto la fonte dell’acqua viva per le purificazioni. Attraverso vestiboli egli aprì dei passaggi alla chiesa e in faccia ai raggi del sole egli ricavò tre porte, di cui quella centrale più alta e più larga. Per quanto riguarda l’aula della basilica, egli qui impiegò i materiali più ricchi e preziosi. Dopo avere così ultimato l’edificio, egli decorò con troni molto elevati, in onore di coloro che presiedono il rito, e, inoltre, con banchi disposti in bell’ordine per i fedeli. Infine, egli pose al centro l’altare dei santi misteri e, affinché non fosse accessibile alle folle, lo recinse con una barriera di legno intrecciato. Il pavimento non fu trascurato, in quanto l’ornò con marmi di grande bellezza.
 
  Eusebio, Historia Ecclesiastica (X, 4, 1), anno 314 o 319.

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