La basilica fu dedicata all'Apostolo delle Genti, San Paolo che, a differenza di San Pietro, titolare del grandioso complesso vaticano, ancora nel IV secolo non aveva un luogo di culto autonomo. Papa Damaso, alla fine del IV secolo, esortò Imperatori e regnanti, Valentiniano II, Teodosio e Arcadio, a finanziare la nuova costruzione. Essa sorse nel luogo dove si riteneva sepolto San Paolo. I resti di un'antica necropli, affollata di tombe tra il I secolo a.C. ed il IV d.C., sono ancora oggi visibili presso la basilica.
SAN PAOLO   Il 26 luglio 1823 un terribile incendio distrusse il complesso lasciando intatta solo la zona dell'abside. I restauri, condotti dal Paleotti, si riproposero di realizzare una copia fedele della chiesa paleocristiana.
  La pianta e le proporzioni sono rimaste immutate: la chiesa consta di cinque navate, di cui la centrale è illuminata da 42 finestre, di un atrio circondato da portici e di un transetto continuo absidato, più alto e più profondo di quello di San Pietro, che ospita la tomba dell'Apostolo, collocato a più diretto contatto con i pellegrini che la venivano a visitare rispetto al sepolcro di Pietro. La larghezza della nave mediana, pari a 24 metri, è uguale a quella complessiva delle laterali che la fiancheggiano due per parte. La lunghezza raggiunge 97 metri.
  Nell'antica basilica, la navata centrale era scandita da 40 colonne in marmo dell'Imetto con i relativi capitelli di scelta accurata tra il materiale di spoglio: nel 441 se ne sostituirono 24 con splendidi fusti di pavonazzetto scanalato. Purtroppo, ci restano solo frammenti dell'antica plastica architettonica, trasferita oggi all'esterno.
  Grazie alla munificenza imperiale, la basilica fu compiuta in breve tempo, anche se venne minacciata da un terremoto, nel 441: nel secondo anno del pontificato di Leone Magno (440-461) essa era terminata. A quel tempo fu realizzato il mosaico absidale; restaurato in epoca carolingia e sostituito nel corso del Duecento, esso sopravvive oggi in pochi frammenti residui dell'arco di trionfo. Anche l'intervento decorativo nella navata centrale si data al V secolo. Come nei contemporanei affreschi di San Pietro. la parete destra accoglieva Scene Vetero-testamentarie su due registri, mentre sul lato opposto furono scelti 22 brani desunti dagli Atti degli Apostoli. Nel XIII secolo il vasto ciclo venne restaurato da Pietro Cavallini, attivo anche a S. Maria in Trastevere e a S. Cecilia.
  Al tempo di Gregorio Magno (590-604) venne rimaneggiata la zona presbiteriale, sopraelevata rispetto al resto della basilica. A un'epoca più tarda risale la cripta anulare che consentiva ai pellegrini di visitare agevolmente la memoria dell'Apostolo: distrutta alla fine del Cinquecento, venne probabilmente realizzata solo nella seconda metà del IX secolo, quando l'intero complesso chiesa-monastero, dopo il saccheggio dei saraceni (846) fu fortificato da Giovanni VIII (872-882), prendendo il nome di Giovannipoli.
  Nell'XI secolo fu costruito il primo campanile, distrutto da un terremoto nel 1349, ma subito dopo riedificato; i suoi resti furono distrutti nel 1823 e oggi la torre campanaria si deve al Paleotti. Sempre all'età romanica risalgono le due valve bronzee, eseguite a Costantinopoli nel 1070, attualmente ornamento della Porta Santa. A Onorio III (1216-1226) risale il mosaico absidale, in cui è documentato l'intervento degli stessi artisti già attivi nel cantiere veneziano di San Marco. L'impresa fu realizzata tra il 1220 e il 1230. Nello stesso periodo fu costruito anche il chiostro, situato lungo il fianco destro della basilica. Conservatosi integro nella sua versione duecentesca, l'organismo rivela l'intervento di due diverse botteghe di marmorari: il lato settentrionale si deve a Pietro Vasselletto, che insieme a suo figlio, firmò l'estremo capolavoro, dopo il chiostro di San Giovanni in Laterano. Lo stesso artista è l'autore del candelabro pasquale all'interno della basilica, databile tra il XII e il XIII secolo.
SAN PAOLO   L'opera più insigne ospitata dalla basilica di San Paolo è il ciborio di Arnolfo di Cambio terminato nel 1285 e ancor oggi in situ, sopra l'altare maggiore. Scampato miracolosamente all'incendio, che distrusse solo le colonne in porfido, il tabernacolo reca la firma congiunta di Arnolfo "cum suo socio Petro": difficile verificare la veridicità dell'ipotesi allettante per la quale il socio dello scultore dovrebbe essere identificato con Pietro Cavallini. Questi è comunque autore dei restauri degli affreschi leonini della navata centrale e della decorazione a mosaico della facciata (1325); tutte opere oggi quasi completamente scomparse. Giorgio Vasari assegnò al Cavallini anche un Crocifisso che, in realtà, richiama stilemi dell'ambiente senese. Esso si trova nella cappella del SS, Sacramento, poi San Lorenzo, di Carlo Maderno, nota per il ciclo pittorico di Giovanni Lanfranco, tra il 1624 e il 1625. Le otto tele sono oggi divise tra diversi musei stranieri, mentre alla Basilica Ostiense rimangono due lunette ad affresco, trasportate su tela e visibili nel Museo della chiesa.
  Nel Settecento venne ricostruito il portico, poi eliminato nel successivo intervento di ripristino ottocentesco.
  La biblioteca conserva numerosi e celebri manoscritti, come la Bibbia di Carlo il Calvo, opera miniata del IX secolo; nella pinacoteca si conservano pregevoli tavole quattrocentesche, le due lunette del Lanfranco e sei tele di Gaspare Traversi.

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