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ROMA E IL GIUBILEO


Benvenuti alla Terza Passeggiata Romana organizzata dal Rotaract Club Roma-Olgiata, con la gentile collaborazione dell’ANISA, associazione culturale che si interessa prevalentemente della conoscenza e divulgazione dell’immenso patrimonio storico-artistico del nostro Paese.

Intorno a Campo de’ Fiori...
(a cura di Silvia Zanini)



      Questa Passeggiata ci porterà alla scoperta di uno dei luoghi più caratteristici di Roma: Campo de’ Fiori, sul cui perimetro rettangolare si affacciano i palazzetti medievali dall’accesa cromia. Oggi, al mattino, la piazza è occupata da un pittoresco mercato. Il nome delle vie che da qui si dipartono ha un significato preciso: via dei Baullari, per esempio, deriva dal nome dei fabbricanti di bauli e valigie, poi sostituiti dalla concorrenza degli ombrellai; il Gallo ricorda il nome di un’osteria famosa; via della Corda è memore dell’omonimo crudele supplizio inflitto a chi commetteva frodi o altri reati nel vicino mercato. All’incrocio con Via Balestrieri, accanto a una finta finestra dipinta sul muro, un’iscrizione del 1483 ricorda come Papa Sisto IV ripulì e rese accogliente la piazza, prima turpis e sordida, rendendola famosa per il marcato di fiori, frutta e verdura, così da meritarle il nome di Via Florea.

       Il Campo è stato sede di esecuzioni capitali, come quella di Giordano Bruno, qui bruciato vivo come eretico il 17 Febbraio 1600. Il terribile evento è commemorato da una statua in bronzo posta al centro della piazza. Il monumento, opera di Ettore Ferrari nel 1887 rappresenta il filosofo incappucciato mentre regge in mano il libro contenente le sue teorie precorritrici. Il basamento è ornato da medaglioni che raffigurano eretici: procedendo verso destra, si riconoscono i profili di Sarpi, Campanella, Erasmo, Vanini, Paleario, Serveto, Wycliffe e Huss. La dedica di Giovanni Bovio recita "A Bruno, il secolo da lui divinato, qui dove il rogo arse". Sotto, tre rilievi bronzei rappresentano Fatti della Vita di Giordano Bruno.
       La fontana di granito del 1898, a forma ovale, sormontata da una terrina marmorea, è una riproduzione di un’analoga fontana del 1590, oggi a piazza della Chiesa Nuova.

       Lasciamo la piazza per recarci nell’adiacente piazza del Biscione, dove sorge il seicentesco Palazzo Pio, con finestre al primo e al secondo piano riccamente profilate ed ornate nei timpani con aquile e leoni. Il Palazzo fu edificato sui resti del Teatro di Pompeo (61-55 a.C.), il primo teatro romano costruito in muratura, imponente per dimensioni, con la cavea coronata da un Tempio a Venere Vincitrice e completato da un grandioso portico dietro la scena.

       A sinistra del Palazzo, attraversiamo il Passetto del Biscione; arriviamo così in Via di Grottapinta: qui è ancora visibile la curva della cavea del Teatro nell’andamento della case. Da qui si può godere di una suggestiva prospettiva verso la cupola di sant’Andrea della Valle, la seconda più grande a Roma, dopo quella di san Pietro.
  Si prende Via dei Chiavari per sbucare in Via dei Giubbonari. All’incrocio, un’iscrizione del 1730 ricorda che verrà inflitta una multa salata a chi avesse sporcato le strade con immondizia.

       Svoltiamo a destra e giungiamo nel teatrale e minuscolo Largo dei Librai, superato solo da Piazza S. Ignazio come potenziale sede di spettacoli teatrali, da camera, data la ristrettezza dello spazio. La piazzetta sembra infatti un palcoscenico urbanistico: lo spazio a imbuto e in salita costringe il nostro sguardo verso il graziosissimo sfondo, dove si trova la chiesetta di Santa Barbara dei Librai o alla Regola. Essa risale all’XI sec., fondata dal prefetto Giovanni Crescenzio e da sua moglie Rogata, senatrice dei Romani. Consacrata nel 1306, la chiesa divenne titolo cardinalizio dal 1551 al 1597. Nel 1601 fu concessa al sodalizio dei Librai e nel 1680 venne ricostruita dallo stampatore fiorentino Zanoni Masotti. Fu di nuovo restaurata nel 1858. Abbiamo l’impressione di trovarci in un vero e proprio salotto settecentesco: la facciata, dalle garbate forme barocche, appare quasi compressa tra le case circostanti e convergenti. Nello sfondo, si eleva un altissimo edificio del ‘700 coronato da un’altana alquanto disadorna.

       Torniamo indietro di qualche passo lungo Via dei Giubbonari e svoltiamo a destra, imboccando Via dell’Arco del Monte; passando sotto al caratteristico archetto edificato che congiunge i palazzi dei due lati della strada, ci troviamo di fronte alla chiesa della Trinità dei Pellegrini. La facciata settecentesca è opera di de Sanctis (noto per aver realizzato la Scalinata di trinità dei Monti), su strutture seicentesche di Paolo Maggi (1603-1616). Una lieve concavità e un bel gioco di colonne bastano a ravvivare la facciata della chiesa e a renderla degna di competere con la più famosa opera del suo architetto. All’interno, si conservano affreschi di Guido Reni, che firmò anche la pala d’altere, con SS.ma Trinità. Accanto alla chiesa, venne costruito in occasione del Giubileo 1625 un Ospizio per Convalescenti e Pellegrini, dove una lapide ricorda che qui morirono Goffredo Mameli e altri patrioti in difesa della Repubblica Romana nel 1849.

       Prendiamo per Via di Capodiferro e giungiamo a Palazzo Spada, sede del Consiglio di Stato e di una splendida Galleria d’Arte. Costruito nel 1540 da Giulio Merisi da Caravaggio per il cardinale Girolamo Capo di Ferro, il Palazzo oassò poi in proprietà al cardinale Spada. La facciata esterna reca decorazioni in stucco di Giulio Mazzoni (1556-1560). Vi sono inserite le statue di Traiano, Gneo Pompeo, Fabio Massimo, Romolo, Numa Pompilio, Marcello, Cesare, Augusto. Nel mezzo, grande stemma Spada, retto da due personificazioni di Virtù.
       Il cortile interno è ancora più riccamente decorato con stucchi del Mazzoni. Nelle fasce sotto i davanzali delle finestre ci sono rilievi con Centauromachia e Caccia di Fiere; quindi, entro nicchie, statue di divinità che simboleggiano la potenza divina sulla terra e negli Inferi, nel mare e nel cielo, e l’esaltazione dell’Amore divino e umano: una celebrazione potentissima del casato della ricca famiglia committente secondo i canoni culturali del paganesimo rinascimentale.

       Al centro del lato sinistro del cortile, si apre la Biblioteca con la Galleria Prospettica del Borromini, dalla quale si dice che Bernini traesse l’idea per la Scala Regia in Vaticano. La Galleria è in realtà lunga solo 9 metri e la minuscola statua nel fondo sembra un colosso nella fuga ingannatrice delle colonne e degli archi.

       Lasciamo il Palazzo Spada e, attraversiamo Piazza della Quercia, dal nome della trattoria di antiche origini, nata forse come filiazione dell’adiacente Confraternita dei Macellai, data la possibilità di ottenere carne fresca. La Quercia, negli anni ’60, lanciò un piatto particolarmente gustoso: i vincisgrassi, squisite lasagne di tradizione umbro-marchigiana, che si potevano consumare a prezzi molto modesti. Nella stessa piazzetta si trova la chiesetta di Santa Maria della Quercia ai Macellari. La facciata deve essere scoperta in tempi successivi, per cogliere il gioco delle linee della facciata che ritagliano il cielo con un disegno morbido di curve, come un mobile rococò, secondo la fantasia del suo architetto, Filippo Raguzzini. Ma vista da una distanza più ravvicinata, il profilo si fa più tagliente, irto di spigoli e angoloso, quasi memore di uno stile gotico.

       Imbocchiamo il Vicolo de’ Venti, che prese il nome dalla famiglia piuttosto nobile che si fece costruire il palazzetto elegante che ivi si affaccia, con un portale del rinascimento. Dando prima uno sguardo a sinistra, per godere dello scorcio della via del Mascherone (dalla Fontana del Mascherone famosa perchè in occasione di una festa, versò vino invece che acqua per tre giorni e tre notti), giungiamo nella Piazza Farnese, dove si affaccia il grandioso Palazzo Farnese, oggi sede dell’Ambasciata di Francia presso il Quirinale e della Galleria affrescata da Agostino e Annibale Carracci, con la collaborazione del Domenichino e del Lanfranco.

       Palazzo Farnese fu iniziato nel 1514 per il cardinale Alessandro Farnese, futuro Papa Paolo III, da Antonio da Sangallo il Giovane e continuato successivamente, nel 1546, da Michelangelo, che realizzò il cornicione, ornato con i gigli farnesiani, e la balconata centrale, oltre al secondo e terzo ordine del cortile interno. I fianchi furono compiuti su progetto di Sangallo da Vignola o da Giacomo della Porta. Fu Giacomo della Porta, tuttavia, a completare l’edificio con la facciata posteriore, che dà su un giardino verso via Giulia e il Tevere, con una delle più belle logge che siano mai state costruite a Roma, leggera e snella composizione a tre arcate. Il dado di Palazzo Farnese, più ciclopico che monumentale, fu celebrato nel ‘700 fra le Quattro Meraviglie di Roma, insieme al Colosseo, a Castel Sant’Angelo e al Pantheon. Con Palazzo Venezia, che ne rappresenta l’inizio, e Palazzo della Cancelleria, che è l’esempio dell’affermazione piena del nuovo stile, completa la triade del Rinascimento romano, costituendone la fase ultima e matura.

       La monumentale Piazza Farnese non riesce a risultare ospitale come Piazza Navona, forse proprio per il contrasto con il vicino Campo de’ Fiori. Giustamente chiamata la Reggia Farnese, la mole del palazzo emerge scenograficamente dalle due vie laterali che costituiscono come le quinte del palazzo stesso. La Piazza è ornata da due fontane gemelle, opera di G. Rainaldi, del 1626; l’acqua zampilla dai gigli farnesiani per cadere in due enormi vasche di granito egizio, provenienti dalle Terme di Caracalla, e per riversarsi infine nei sottostanti bacini mistilinei. Di fronte al Palazzo farnese, si erge il Palazzo Roccagiovine, settecentesca architettura di Alessandro Specchi. Il Palazzo ospita il più bello Scalone a spirale della Roma settecentesca, di autore purtroppo ancora ignoto.

       In forte contrasto con l’austera facciata di Palazzo Farnese, il campaniluccio di Santa Brigida, ornato con fasce di marmi policromi che giocano sull’alternanza di bianco e rosso, dotato dall’anonimo autore di una sagoma goticizzante estranea al contesto della nostra città. Si pensò persino di demolirlo, ma difeso da Italia Nostra, venne ritenuto componente ineliminabile di uno dei più caratteristici scenari di Roma. La chiesetta risale al 1391, sorta forse sulla casa dove visse la Santa, regina di Svezia, che udì la voce dal Crocifisso nella vicina San Lorenzo in Damaso. Fu rifatta nel ‘700 e profondamente restaurata successivamente.
       Attraverso Via dei Baullari, torniamo infine a Campo de’ Fiori.



       Terminiamo qui la nostra Passeggiata, preparandoci infaticabili al prossimo appuntamento alla scoperta delle meraviglie della nostra citta’.

Silvia Zanini



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