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Riflessioni sulla Nouvelle Vague

     Il cinema moderno è una nozione critica che nasce nel dopoguerra, da quell'importantissimo avvenimento chiamato neorealismo.

     Questo nuovo modo di fare cinema differisce molto dal cinema classico e dal suo linguaggio. In quest'ultimo infatti, il montaggio era in funzione della narrazione cioè veniva realizzato in maniera leggibile rispetto alla storia. Le immagini venivano accostate secondo diversi nessi logici, per esempio: per identità quando abbiamo più immagini dello stesso soggetto o, per analogia quando confrontiamo due personaggi o due oggetti. Questi nessi logici creano un linguaggio sensato, una storia. Il cinema moderno invece, passa ad un linguaggio più libero, disorientativo e anticonformista. Si tratta di un cinema che parla di se stesso e dei suoi strumenti, che diventa autoreferenziale cioè metacinema. Questo nuovo tipo di arte cesserà di far illudere lo spettatore che si troverà di fronte all'attore della strada e alla sua logica dell'improvvisazione. Un cinema diverso e attuale, che si apre all'imprevedibilità, alla strada, alla città e non più alla logica degli Studios. Si tratta di una nuova arte che nasce con la predilezione per il movimento e per gli esterni: pensiamo per esempio a "Ladri di biciclette" di De Sica. Cos'è se non una lunga camminata di un padre e un figlio per le strade e le piazze romane?

I quattrocento colpi, 1959, Truffaut      La nozione cinematografica di moderno si colloca alla fine degli anni quaranta. La Nouvelle Vague (nuova ondata), partendo dagli anni cinquanta, in particolare con il regista Bresson, esploderà nel '59 in Francia e giungerà a piena maturazione nel corso degli anni sessanta. Spesso questi film trattano il problema della meccanizzazione e della tecnologia del mondo di oggi: un esempio e' "Zazì nel metro'" del '61 di Louis Malle, in cui si passano in rassegna i vari simboli della tecnologia, in particolare la metropolitana. Il film ha come protagonista la bambina Zazie, attraverso la quale vengono derisi temi come droga e sesso, senza dimenticare un certo gusto per la città come dimostrano le frequenti inquadrature dei monumenti di Parigi. Il tema dell'industrializzazione viene affrontato quindi da vari autori; ricordiamo ancora Tati in "Trafic" e il regista Godard in "Week-end" del '65 che affronta il tema della violenza dell'industrializzazione. Per la sua esemplarità può concludere questa veloce carrellata di esempi il film "Roma" di Fellini degli anni settanta quando ci appare sullo schermo una sterminata fila di macchine in coda sul Raccordo Anulare. I maggiori registi di questo nuovo modo di fare cinema sono stati prima di tutto cinefili e appassionati critici. Non a caso il padre della Nouvelle Vague e' il critico francese André Bazin, morto nel '58 e, se vogliamo, pigmaglione di François Truffaut. Il movimento artistico deriva il suo nome dall' "Express", che lo adoperò nell'ambito di una inchiesta giornalistica sulla gioventù francese degli anni cinquanta ed è legato anche al Festival di Cannes del '59: Il gran premio venne attribuito a "Orfeo negro" di Marcel Camus e il premio per la miglior regia a "I quattrocento colpi" di François Truffaut. Nel '60 usci' inoltre il film scandalo "Hiroshima, mon amour" di Alain Resnais e il famosissimo "Fino all'ultimo respiro" di Jean Luc Godard, un'opera dichiarata subito sorpassata legata alla letteratura francese degli anni trenta. Si tratta di un film antiborghese e anticapitalistico che ha anticipato quel "cinema saggio" che è stato il tratto tipico del Godard maturo. In generale infatti, il cinema per gli autori della Nouvelle Vague era un modo di scrivere analogo al poema, al romanzo, al saggio. Già nel '48 si era proposta l'utilizzazione della cinecamera come una penna stilografica. Questi giovani registi si scaglieranno con i loro articoli, i loro saggi e programmi contro un cinema letterario e di qualità, fatto da attori sulla scena da trent'anni come Fernandel. Cercheranno altri modelli d'ispirazione in Renoir, Murnau e soprattutto Rossellini, per dar vita ad una nuova cultura e ad una nuova società in continua evoluzione approfondendo tematiche politiche, sociali e ideologiche. Non sono altri che questi infatti, i fermenti e le idee che sfoceranno nel sessantotto. Le maggiori personalità della Nouvelle Vague sono Godard e Truffaut. Jean Luc Godard nasce a Parigi il 3 dicembre del '30 da una famiglia borghese protestante e fonda nel cinquanta a soli vent'anni il mensile "La Gazzetta del Cinema" insieme al regista Rohmer, ma scrive anche sui "Cahiers du cinema", la rivista fondata da Bazin nel '51.

Jules e Jim, 1961, Truffaut      Apro volentieri una breve parentesi sul regista Claude Chabrol autore di una vasta monografia su Alfred Hitchcock scritta in collaborazione con Rohmer. E' il primo film di Chabrol "Le beau Serge", premiato al Festival di Locarno che ha aperto la strada alla Nouvelle Vague.

     Diversamente da Rohmer ma anche da Truffaut, Godard ha un percorso artistico più irregolare. Nei suoi primi articoli cinematografici esprime una sua personale visione del cinema fatta anche di un certo gusto per la provocazione e il paradosso. Laddove André Bazin nei suoi scritti aderisce al reale, Godard dichiarava che il cinema era "L'espressione dei bei sentimenti". Dopo la morte della madre il regista si reca in Svizzera e lavora come operaio. Il suo primo film è un documentario sui lavori della diga a cui lavorava. Successivamente gira un piccolo cortometraggio: "Una donna vanitosa", in cui fa una breve apparizione; notevole è la sua presenza fisica in molti film degli anni cinquanta. Nel '57 gira un altro cortometraggio che vince un premio intestato a Jean Vigo ed è in questo momento che appare il suo gusto per la citazione. Dopo altri due film: "Charlotte e il suo ragazzo" e "Una storia d'acqua dolce", parte l'operazione produttiva di "Fino all'ultimo respiro". In questo film si afferma come attore della Nouvelle Vague Jean Paul Belmondo impegnato nella storia di un criminale intrecciata con una storia d'amore. Quello di Godard è un cinema "per gli amici", fatto di citazioni a personaggi, ad altri film, a romanzi, etc. Continui sono i discorsi dei protagonisti sulla letteratura, sulla pittura, sulla musica. Spesso la voce del regista si sostituisce a quella dei personaggi in un cinema dove più che portare avanti vicende si parla di Godard stesso. La vita e le vicende di quest'ultimo sono intrecciate a quelle di Truffaut. I due registi si incontreranno nel '48 per poi allontanarsi l'uno dall'altro negli anni successivi.

     Mentre il cinema di Godard è prettamente poetico in quanto non è legato ad alcuna struttura narrativa, quello di Truffaut è pura prosa, è struttura narrativa ben leggibile a tutti i livelli. A questo proposito è fondamentale il rapporto tra Truffaut e la letteratura: basta pensare al film "I quattrocento colpi" tratto dal romanzo di Henry James e a "Jules e Jim" tratto dal primo romanzo dello scrittore settantaquattrenne Rochet. Questo regista instaurava un rapporto di passione con la letteratura, creando un ciclo continuo di film dove il protagonista era sempre lo stesso: Jeanpierre Leaud. Si tratta di opere in serie nelle quali si sviluppa crescendo e invecchiando una sola vita: quella dello stesso autore.

     Il mondo che ci presenta Truffaut nei suoi film appare privo di angoscia esistenziale mentre è presente invece, un senso struggente di sconfitta specialmente nelle sue grandi tematiche di fondo: La condizione infantile, la donna e l'amore, raccontare se stesso. Il tema dell'infanzia è presente in tutti i suoi film. Sicuramente in questa propensione c'è un residuo biografico ma non dobbiamo leggere l'opera di Truffaut come una confessione.

     Il film più autobiografico del regista è "I quattrocento colpi" e come dice egli stesso "è un film sentimentale ma il trattamento è volutamente un po' secco, come un documentario. Bisogna agire con una certa forma di distanza" (Truffaut, "Il piacere della finzione").

     "Tristezza senza fine dei film senza donne! Detesto i film di guerra, eccetto nel momento in cui il soldato tira fuori dalla tasca una fotografia di una donna da guardare " (ibidem). Scriveva cosi' Truffaut nell' '80 e l'affermazione deve essergli piaciuta se l'ha ripresa due anni dopo in "Finalmente domenica!" dell' '82. Le donne per Truffaut sono magiche secondo una nota battuta di Alphonse in "Effetto notte" dell' '82. I personaggi femminili di Truffaut sono sensibili e misteriosi, sono donne che vivono intensamente e commentano le loro vicende. Sono attive, intraprendenti, fanno scelte importanti e decidono il loro futuro. Sono personaggi forti e fantasiosi: pensiamo a Barbara in "Finalmente domenica!" o a Catherine in "Jules e Jim" del '61. E' lei la donna di Truffaut, la donna che rischia. Colette ("Antoine e Colette" del'62) è un'ulteriore conferma del primato femminile nelle questioni d'amore. Colette è indipendente accetta Antoine solo come amico e non come corteggiatore. Lui è timido, insicuro, ma da vero innamorato cerca di conquistarla arrendendosi soltanto quando la vede con un altro (che sarà suo marito in "Baci rubati" del '68). Il finale è lirico e delicato perché trasmette speranza a tutti gli innamorati delusi: Truffaut mostra coppie di innamorati di diverse razze ed età, un messaggio di fiducia nel futuro sentimentale di Antoine Doinel.

     Dal neorealismo alla Nouvelle Vague, gran parte della cinematografia occidentale, con varie influenze anche nei paesi socialisti, si e' mossa nel tentativo di contrastare il cinema di puro consumo ma anche retorico, con eccellenti risultati e con una funzione critica notevolmente importante. Questo nuovo cinema si è ancorato esclusivamente alla realtà concreta per rappresentarla in maniera critica e mettendone in discussione le prassi cinematografiche precedenti.

     I maggiori autori, che abbiamo appena analizzato, hanno sviluppato un discorso artistico alternativo ispirato alle grandi rivoluzioni avvenute già da qualche anno in arte e letteratura.

     Bibliografia:

  • Gianni Rondolino, "Storia del Cinema", UTET libreria.

  • Giorgio Tinazzi, "Il Piacere della Finzione", Marsilio.


  • 1.500.976

    www.novaera.it/cinema/vague

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